Le reti idriche italiane disperdono il 40% dell'acqua
Rotture nelle condotte, impianti vetusti e scarsa manutenzione tra le
cause degli sprechi d'acqua dei servizi locali, rilevati dal nuovo
censimento Istat.
Nel 2012 le reti comunali dell'acqua potabile italiane hanno disperso 3,1 miliardi di metri cubi, ovvero il37,4% del
volume di acqua immesso in rete. Ciò significa, semplificando, che su
100 metri cubi d'acqua ne vengono sprecati quasi 40. L'incidenza delle dispersioni,
tra l'altro, sta costantemente aumentando, anche in confronto ai dati
già alti dell'ultimo censimento di 4 anni fa, quando la percentuale di
dispersione era comunque il 32,1% del volume totale.
I dati arrivano dal nuovo censimento delle acque ad uso civile realizzato dall'Istat, riferito all'anno 2012 e ottenuto tramite le rilevazioni presso gli oltre tremila enti gestori dei servizi idrici attivi sul territorio.
In primo luogo, il nuovo censimento conferma l'aumento costante, rilevato da anni, del prelievo di acqua potabile dall'ambiente:
nel 2012 il volume di acqua per uso potabile prelevato nel 2012 è
stato pari a 9,5 miliardi di metri cubi, assicurato da una produzione
giornaliera di 25,9 milioni di metri cubi, il 3,8% in più rispetto al
2008. Il volume e la numerosità dei prelievi dipendono da diversi
fattori, tra i quali le caratteristiche idrogeologichelocali,
visto che la risorsa non è uniformemente distribuita nel Paese.
Soprattutto nel Centro-Sud i punti di prelievo sono distanti dai luoghi
di consumo finale, generando aree di maggiore criticità idrica. Ciò,
spiega l'Istat, richiede la presenza di infrastrutture complesse e il trasporto di ingenti volumi di acqua per lunghe distanze, in diversi casi anche tra regioni confinanti.
Insieme, le regioni del Nord-ovest e del Sud contribuiscono a più della
metà dei prelievi complessivi di acqua per uso potabile. A livello
regionale, è la Lombardia la
regione dove si preleva il maggior volume di acqua per uso potabile, il
16% del totale, ma sono consistenti anche i volumi nel Lazio (12,5%) e in Campania (10,1%).
I dati sui prelievi, tuttavia, acquistano un valore differente
considerando, come detto, l'ingente aumento delle dispersioni. A volte i
volumi di acqua immessi sono superiori a quelli effettivamente
necessari, al fine di garantirne il livello di consumo. Le cause sono
differenti: ci sono dispersioni considerate fisiologiche e altre legate all’estensione della rete, al numero degli allacci, alla loro densità e alla pressione d’esercizio. Ma le dispersioni derivano anche da altri problemi: rotture nelle condot te, vetustà degliimpianti, consumi non autorizzati, errori di misura.
Una situazione, specifica l'Istat, che permane nonostante negli ultimi
anni diversi gestori del servizio idrico si siano impegnati a cercare di
garantire un elevato livello di qualità nella misurazione dei consumi e
un più assiduo monitoraggio del parco contatori, la cui eventuale obsolescenza può provocare la non corretta contabilizzazione dei volumi erogati.
In questo senso, la maggiore diffusione dei contatori, soprattutto per
quanto riguarda la misurazione dell’acqua erogata all’utente finale, ha
evidenziato in maniera oggettiva situazioni di forte criticità
precedentemente non individuate. L'Istituto, infine, mette in luce come a
contribuire alla dispersione idrica, negli ultimi anni, sia stato il
calo delle attività di manutenzione degli impianti, a causa di una diffusa riduzione degli investimenti nel settore idrico e, in generale, a causa della crisi economica.
Nel complesso le dispersioni di rete ammontano a 8,6 milioni di metri cubi persi al giorno, ovvero poco meno di 100 mila litri al secondo. Si disperdono quindi, per ogni residente, 144 litri al giorno oltre quanto effettivamente consumato.
Per quanto riguarda i dati regionali, le situazioni di maggiore criticità si registrano nelleIsole e nel Centro-Sud, con le eccezioni di Abruzzo e Puglia,
che negli ultimi anni hanno sanato alcune situazioni di forte
dispersione. Seppur con livelli più bassi, anche nelle regioni del Nord
si registra un generale peggioramento della dispersione di rete, ad
eccezione della Valle d’Aosta.
L'analisi dell'Istat offre ulteriori spunti di interesse sul sistema idrico, come ad esempio quelli sugli impianti di depurazione delle acque reflue urbane: nel 2012 sono 18.786, di cui 18.162 in esercizio, con una maggior concentrazione al Nord. Gli impianti di depurazione con trattamento avanzato, pur
rappresentando soltanto il 10% degli impianti complessivi, trattano
più del 60% dei carichi inquinanti convogliati nei depuratori delle
acque reflue urbane. Nella maggior parte dei casi questi impianti sono a
servizio dei grandi centri urbani, mentre al Sud e nelle Isole è più
alta la percentuale di impianti con trattamento almeno secondario.
Va segnalato, infine, che rispetto al 2008 si è ridotto del 27,8% il carico di inquinanti di origine industriale che
affluisce agli impianti di depurazione delle acque reflue urbane con
trattamento secondario o avanzato. Mentre i carichi di origine civile
trattati negli impianti di tipo secondario o avanzato sono pari al
57,6%, di poco superiore al dato del 2008 (56,5%).